Il DAP (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria) era semplicemente un importante dipartimento del Ministero di Giustizia. Almeno fino a domenica, giorno in cui è scoppiata la polemica che rischia di rivelarsi, nel prossimo futuro, un’indelebile macchia sull’attuale Esecutivo. L’accusa è stata portata avanti da Nino Di Matteo, noto magistrato. Il bersaglio Alfonso Bonafede, Ministro della Giustizia.
Secondo Di Matteo la sua mancata nomina a capo del GAP sarebbe da imputare a pressioni di noti esponenti della malavita che, dalle carceri, avrebbero condotto Bonafede a fare dietrofront. Da lì si è aperto il mondo: la componente grillina del governo ha appoggiato il Guardasigilli, il PD si è detto sicuro che il Ministro riferirà in Parlamento e all’Antimafia. L’opposizione, per non farsi mancare niente, ne ha chiesto le dimissioni. Come sempre però nessuno ha puntato la luce su chi conta davvero: l’Italia, e i suoi sessanta milioni di abitanti.
Dap, quel bisogno di giustizia per tutta l’Italia
Il tema della giustizia è tanto delicato, nel nostro Paese, da meritarsi un capitolo a parte. Si tratta di una questione spinosa, che negli anni va via via acuendosi. Non si ricorda, a memoria d’uomo, un Esecutivo che negli ultimi vent’anni non abbia almeno avuto una macchia sul tema della giustizia. Capirete bene che le accuse di Di Matteo, prontamente smentite dallo stesso Bonafede, fanno troppo rumore per rimanere inascoltate.
No, non basta una diretta a mezzo Facebook per cercare di chiarire. Lo diciamo senza mezzi termini: tanto più delicati sono i temi, tanto più vanno affrontati mettendoci la faccia e facendo chiarezza. Che è un sinonimo, se vogliamo, di giustizia. Di cui c’è disperato bisogno: ne va della faccia di tutti, del futuro di intere generazioni. Di Bonafede avremmo forse apprezzato la coerenza, in caso di dimissioni per accuse da lui stesso giudicate infamanti.
L’Italia merita chiarezza
Sul tema Dap, una volta per tutte, l’Italia merita chiarezza sotto ogni punto di vista. Sulle accuse di Di Matteo, proprio al quale chiediamo risposte: perché un esponente così emerito della lotta contro la mafia siciliana ha accettato di tacere per due anni? E perché ha parlato proprio ora?
A Bonafede, in realtà, chiediamo spiegazioni più convincenti di quelle date a “Non è l’Arena”, il ring su cui è avvenuto l’incontro. Perché capite bene che se le cose fossero davvero andate così come sostiene Di Matteo, sarebbe un autentico atto di infamia politica, civile e sociale che meriterebbe le peggiori punizioni giuridiche del caso. No, non stiamo facendo accuse, ma lanciando un appello: quello, cioè, di ricevere chiarezza sacrosanta, una volta per tutte.
Per smetterla, definitivamente, con questa politica di accusati e accusatori. E per chiudere definitivamente un circo, quale è diventato il nostro sistema politico negli ultimi decenni.