Aumenta il prezzo del caffè. Dopo quasi tre mesi di blocco totale, finalmente, con la fase 2 in Italia hanno rivisto la luce anche i bar. Che, seppur con pur necessarie limitazioni orarie e stringenti normative igienico-sanitarie cui uniformarsi, possono tornare ad accompagnare la quotidianità della nostra società. Il lockdown, però, giocoforza va a cambiare una serie di abitudini anche assai solide.
La riapertura dei bar si è tradotta, però, immediatamente in un rincaro dei prezzi dei beni di prima necessità. Insomma, il costo degli alimenti è cresciuto: è in aumento per le carni, per i pesci, per le verdure, per l’acqua. Aumenti per produrre significa immediatamente aumenti per consumare. Con questa logica è aumentato anche il prezzo del caffè. Sacrosanto, probabilmente.
Aumenta il prezzo del caffè: i costi
Da 90 centesimi ad 1,30 euro con una pandemia di mezzo. Oggi il costo di un espresso al banco è aumentato di quaranta centesimi. Si è scatenata una imprevedibile polemica, nelle scorse ore, tra i vertici del Codacons, che ha giudicato “scandaloso” l’aumento del caffè per sopperire a una serie di mancati incastri che hanno paralizzato il mondo dei bar in questi due mesi.
Inutile dire che si è consumato lo scontro anche con chi difende giustamente la scelta di un aumento ritenuto “sacrosanto” e doveroso, nonché tempestivo: della serie, se non ora quando? Non si può stabilire un vinto né un vincitore; nemmeno dire se c’è chi ha torto e chi, invece, ha ragione. Piuttosto è utile sottolineare che ognuno ha i suoi motivi, in un senso o nell’altro.
La scelta giusta
Tuttavia si tratta, probabilmente, della scelta più giusta e consona. E no, non c’entra il momento particolare vissuto, i mancati guadagni e la crisi ormai incalzante. C’entrano tutt’altre ragioni, molto più profonde e in qualche modo rispondenti alle logiche di correttezza (e concorrenza) sul mercato.
Il prezzo del caffè, in Italia tra i più bassi d’Europa, in nome di logiche che premiano la quantità al posto della qualità, è sempre più tendente al basso. In tempo pre-Covid non era difficile trovare caffè in “promozione” a sessanta centesimi. Urgeva una rivoluzione che, se completata, dovrebbe essere ben accolta. Starbucks, nel suo feudo milanese, vende un espresso, a buona ragione, circa 1,80 euro. Laddove in Europa un espresso parte da 2,10 euro, come nel caso del Portogallo, altra patria del caffè europeo.
Un prodotto alimentare
Il caffè è quasi visto come una medicina: si va al bar, si beve in pochi secondi. Freddo o caldo, non ha differenza. Zuccherato o amaro, piace lo stesso. Costa poco, ed è una piacevole abitudine. Se costasse di più, forse, non piacerebbe come piace. Tutto giusto, tutto condivisibile.
Se non fosse che spesso ci si dimentica che il caffè è un bene alimentare, che viene da una pianta, che ha dei costi, che ha una produzione. Nettamente superiore, il tutto, ai novanta centesimi. Ed è dunque tempo che si faccia una vera cultura di caffè, all’insegna del rispetto per una bevanda, ed una categoria, che contribuisce al nostro benessere.